Lo
studio della sua opera ha ormai cancellato una simile immagine accomodante:
accanto a quella forza "musicale" che sembra travolgere come
un vento le parole e cose, ecco allora emergere una vasta e profonda rete
di richiami culturali, che lo ancorano saldamente alla più motivata
e consapevole letteratura novecentesca. Se proprio dobbiamo sovrapporre
una figura all'autore dei Canti Orfici, questa è quella del "viaggiatore",
del "viandante".
Campana nasce il 20 agosto 1885 a Marradi, nella Romagna "toscana".
Frequenta il liceo classico a Faenza e poi a Torino dove ottiene la maturità.
Presto cominciano le fughe, le insofferenze. Nel 1903 si iscrive alla
facoltà di chimica a Bologna; si trasferisce quindi a Firenze,
fino al 1907, e di nuovo a Bologna. "Non riuscivo affatto a studiare
chimica" confesserà, " un po' scrivevo, un po' suonavo
il piano". Nel 1906 viene internato per circa due mesi nel manicomio
di Imola; nel maggio dell'anno successivo interrompe gli studi e "fugge"
verso Parigi. In questo periodo inizia probabilmente l'attività,
letteraria, coi testi compresi nel manoscritto noto come Quaderno (pubblicato
postumo, nel 1942).
Una delle esperienze fondamentali nella biografia di Campana, il viaggio
nel "nuovo mondo", in Argentina, si può datare tra il
1907 e il 1908. Partito come uno dei tanti peones de via destinati al
lavoro di costruzione delle ferrovie, si troverà ben presto a svolgere
i più disparati lavori: pianista nei bordelli di Buenos Aires,
poliziotto, pompiere, tempratore di ferri. A questo periodo vissuto da
"uomo libero" sono legati alcuni importanti testi, tra i quali
il più suggestivo è forse la prosa dal titolo Pampa. Nel
1909 Campana ritorna in Europa. Le tracce del suo "passaggio"
sono per lo più legate a luoghi di detenzione o di cura: Firenze
(manicomio di San Salvi, aprile 1909), Livorno (ospedale, settembre),
Parigi ("pulivo le vetrine per mangiare"), infine Bruxelles
(prigione di Saint Gilles, dicembre) e poi Tournay (manicomio, febbraio
1910). Quest'ultima esperienza è descritta nella prosa Il Russo.
Verso la metà del 1910 Campana è rimpatriato. Al settembre-ottobre
di quell'anno risale presumibilmente il "pellegrinaggio" a piedi
da Marradi alla Verna: è in questa occasione che stende il "diario
di viaggio" sulla cui base abbiamo costruito il nostro percorso.
“Era uno che veniva di lontano. Sul suo vestito, stagnavano
gli odori terrestri dei soli mediterranei, delle piogge montane, dei
riposi nei fienili e nelle stive” (Luigi Fallacara, Ricordo
di Dino Campana, 1937).
Non è facile sottrarre Campana allo stereotipo che lo vuole
"unico poeta maledetto italiano", sempre in bilico tra furore
espressivo e follia. |
Nel 1912-13 Campana riprova a studiare chimica a Bologna; qui pubblica.
su due riviste goliardiche, i primi testi. Dopo un breve soggiorno genovese
ritorna sui "suoi monti" e organizza parte della propria opera
in un libro dal titolo Il più lungo giorno. Col manoscritto sotto
braccio si presenta, alla fine del '13, ai due principali animatori della
cultura fiorentina dell'epoca, Papini e Soffici. La vicenda che segue
ha alimentato per molti anni, come si sa il "mito" Campana:
i due fondatori di "Lacerba" non solo non lo pubblicano, ma
smarriscono il manoscritto ("la sola giustificazione della mia esistenza");
dopo inutili richieste a Papini e Soffici, Campana riscriverà in
pochi mesi il proprio libro "a memoria", secondo le sue parole,
pubblicandolo finalmente nel '14, col titolo Canti Orfici, presso un tipografo
di Marradi, Bruno Ravagli. E' naturale che col tempo la curiosità
e il rimpianto per il manoscritto perduto si accrebbero, fino al suo rinnovamento,
nel 1971, tra le carte di Soffici. Con sorpresa e "delusione"
ci si accorse subito che, oltre ad essere più breve, il testo del
Più lungo giorno coincideva in gran parte con quello dei Canti:
Campana si era cioè servito per la riscrittura delle stesse carte
usate per l'autografo perduto (tutta la vicenda è ricostruita nell'edizione
critica dei Canti Orfici edita dal Vallecchi nel 1990). Anzi, alcuni aspetti
e temi più tipici della poesia di Campana - la parola trattata
come "musica", il motivo del viaggio e dell'eterno ritorno,
le immagini sordide accanto alle visioni fuggevoli e chimeriche - appaiono
sviluppati e compiuti soltanto nel testo che uscì nel '14.
Nell'estate di quell'anno Campana riappare comunque a Firenze. Un'immagine
in parte aneddotica lo vuole intento a vendere i Canti nei ritrovi letterari
fiorentini, strappando secondo l'acquirente le pagine ritenute "non
meritate". Nel 1915 è di nuovo in Svizzera. Con l'intervento
dell'Italia in guerra torna in patria per arruolarsi volontario, ma viene
riformato e nuovamente ricoverato in clinica. In questo periodo alcuni
suoi testi, gli ultimi, escono su riviste, mentre invano tenta di pubblicare
un'edizione accresciuta del libro. Nell'estate del 1916 conosce Sibilla
Aleramo, con la quale vive un intenso e impossibile rapporto d'amore.
Altri spostamenti: Sardegna, Torino, la prigione di Novara. Ma le forze
per continuare a scrivere si sono ormai consumate. Nel gennaio 1918 Campana
viene definitivamente riformato e quindi rinchiuso nel manicomio di Castel
Pulci vicino a Firenze, dove resterà quattordici anni, fino alla
morte ( 1° marzo 1932).
Le uniche notizie di questo periodo provengono dai resoconti delle disarmanti
"interviste", con le quali un ottuso psichiatra Carlo Pariani,
interrompe il suo silenzio (editi nel 1938). Con pari ottusità
oggi si pensa, per uno sfoggio di tardiva ed elettorale gratitudine, di
trasferire a Marradi i suoi resti, sottraendoli alla quiete della chiesa
di Badia a Settimo, dove riposano dal 1942.
Campana, quindi, poeta e "viandante". Pellegrino che annota
in un particolare "diario di viaggio" la lunga traversata a
piedi da Marradi alla Verna, creando una sorta di straordinaria "guida
escursionistica". Salire sui monti tra Romagna e Toscana accompagnati
dai suoi versi è come rivivere l'esperienza del poeta, rivedendo
i paesaggi, i borghi, le montagne da lui descritte e la gente da lui incontrata.
Su questa base sono stati costruiti gli itinerari proposti, seguendo soprattutto
un principio fondamentale basato sull'utilizzo, quando possibile, delle
vie che, all'inizio del secolo, rappresentavano l'unico o il miglior collegamento
fra le località toccate da Campana. Lungo queste, infatti, è
spesso facile ritrovare ciò che colpì il poeta, spingendolo
a ricordarlo nel suo "diario".
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