Parchi Nazionali d'Inverno: con le racchette per ammirare la "galaverna"
delle "Foreste Casentinesi"
Nel centro Italia e precisamente sul crinale appenninico a cavallo fra
Toscana e Romagna c'é una foresta incantata...
Certo, potrebbe anche essere il classico inizio di una fiaba. Invece non
siamo nel campo della fantasia tout court ma bensì nel regno di
sua maestà l' "Inverno" e della sua gelida consorte la
"Stagion Fredda". L'ambiente é quello del Parco Nazionale
del Falterona, di Campigna e delle Foreste Casentinesi, un grande mantello
verde (bianco d'inverno), che ricopre, con il suo ininterrotto manto di
10.601 ettari , il tratto d'Appennino che va dal Passo dei Mandrioli,
al Monte Falterona.
"Vero e proprio orto botanico in libertà " (Pratesi
-Tassi), queste grandi foreste di faggio con inserimenti di abete rosso
e bianco, sono riuscite a giungere fino ai nostri giorni integre, grazie
ad una gestione oculata del territorio che, iniziata con i frati Camaldolesi
é continuata grazie ai Granduchi di Toscana, fino a diventare demanio
dello Stato, protraendosi per circa un millennio.
In questa particolare zona climatica, caratterizzata dalla vicinanza
dei mari Adriatico e Tirreno, avvengono abbondanti precipitazioni nevose
e soprattutto si verifica, quì più che altrove, il fenomeno
della "galaverna" ; una miriade di aghi di ghiaccio che si depositano,
sospinti dal vento dominante, sui rami, sui tronchi degli alberi e su
tutto quello che trovano, componendo un fantastico quanto originale paesaggio,
simile ad uno strano fondale marino.
Sorella della neve, imparentata con la brina, la galaverna, detta in Toscana
anche "bioccio" o "bruscello" é un portento
naturale che si verifica esclusivamente nelle stagioni di passaggio (autunno
e primavera) sui monti del centro Italia, "regalando", talvolta
danni ingenti dovuti alla repentina rottura di alcuni tronchi d'albero
( "... e senza alcun rattento li rami schianta, abbatte e porta fori;
" - Dante, Inferno IX 69); più spesso e per fortuna, solo
semplici attimi di emozione ai fortunati escursionisti che hanno il piacere
di assistervi, sfidando i rigori del freddo. Però attenzione: come
tutti gli incantesimi, perché di vero incantesimo si tratta, anch'esso
dura ben poco e... basta il calore di un raggio di sole perché
svanisca, come per magia, in tante semplici e banali gocce d'acqua.
Per poter godere queste emozioni e ammirare stupefacenti paesaggi non
occorre intraprendere chissà quale viaggio nei paesi artici, basta
recarsi in queste foreste e, dopo aver calzato un paio di racchette da
neve, iniziare a camminare.
Si badi bene, tutta la zona é percorribile sia con gli sci da alpinismo
che con quelli da fondo escursionismo ma a mio parere, data la particolare
conformazione del territorio e soprattutto la fitta trama dei faggi che
lo ricoprono quasi integralmente, esso é molto più adatto
ad essere visitato con quell' antico mezzo di locomozione invernale che
sono appunto le racchette da neve. Questi attrezzi, ritenuti ormai obsoleti,
appesi da anni a chiodi arrugginiti di baite e rifugi, sono il frutto,
almeno in Europa, della sapienza montanara, dell'arrangiarsi per poter
continuare a muoversi da una frazione di montagna all'altra anche in caso
di neve alta. Costruite in legno e budella essiccate d'animale, sono state
elaborate fin dal lontano passato dalle popolazioni seminomadi delle zone
artiche come gli Inuit, gli Athabaska o gli indiani Algonchini che le
usavano per andare a caccia. Negli ultimi anni sono state riscoperte anche
dall'industria dell'out door che le ha ristudiate e costruite in serie
applicandovi tutte le ultime tecnologie e usando materiali più
leggeri e moderni quali la plastica e le leghe d'alluminio.
Ma perché questo successo dopo tanti anni di oblio?
Proviamo ad analizzarne i pro e i contro:
Le racchette da neve consentono di camminare in zone boscose o accidentate,
arrivando anche dove lo sci si ferma, permettendo di portare anche carichi
pesanti. Hanno funzione di distribuire il peso del corpo su di una superficie
maggiore e quindi di esercitare una minor pressione sulla coltre nevosa
per non affondare più del dovuto.
Sono leggere da trasportare, poco ingombranti e facili da usare. La tecnica
d'avanzamento dipende dal tipo di terreno e dalla qualità della
neve e risponde a canoni facilmente individuabili ai quali ci si adatta
con la naturalezza della deambulazione, senza dover imparare nessuna tecnica
di discesa o salita come invece é necessario con gli sci. Abbinandovi
l'uso dei bastoncini si riesce ad appoggiarle sempre di piatto mantenendo
quindi un discreto equilibrio e buona andatura, sia in pianura che in
salita. In discesa poi é una vera goduria perché si possono
provare le sensazioni del capriolo o del cervo, saltando e sprofondando
nella neve durante emozionanti e veloci scivolate miste a salti nella
neve.
Fino a pochi anni fa, quando gli "scarcioni" o le "ciaspole"
(nomi dialettali delle racchette), erano ancora le stesse di sempre, l'unico
problema poteva essere causato dalla neve dura e da un eventuale eccessiva
pendenza del terreno. Adesso, grazie all'attacco rapido semovibile, simile
a quello dello sci alpinismo e a dei ramponcini posti anteriormente o
lateralmente, questi attrezzi sono diventati molto più tecnici
e sicuri anche lungo i tratti ghiacciati.
Insomma anche in questo caso e certamente in modo più naturale
dello sci, la racchetta da neve consente di penetrare il mondo ovattato
e magico della foresta imbiancata, di seguire le tracce degli animali
assistendo ad uno degli spettacoli più entusiamanti che madre natura
ci regala ogni anno...all'arrivo della "stagion fredda" e del
suo real consorte..il gelido "Inverno".
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