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Prato

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Abitanti nel 1991: 165.707

Il territorio del comune di Prato si estende per 97,59 kmq, in pianura, nella Val di Bisenzio. Dominio feudale, poi libero comune suddiviso in circoscrizioni urbane dette ottavi (porta San Giovanni, porta Travaglio, porta Gualdimare, porta Fuia, porta Santa Trinita, porta a Corte, porta Capo di Ponte, porta Tiezi) e in quartieri (Santo Stefano, Santa Maria, Santa Trinita, San Marco), Prato - che dal 1863 ebbe la denominazione ufficiale di «Prato in Toscana» per poi tornare ad essere definito semplicemente Prato nel 1931 - ha raggiunto l'assetto territoriale attuale nel 1949, quando gli furono staccate le frazioni di Vaiano e Solignano, che divennero comune autonomo con la denominazione Vaiano.

Pare accertato che nell'area di Prato vi fosse in antico un insediamento prima ligure, poi etrusco (VII-V sec. a. C.) e infine il cosiddetto pagus Cornius romano e che l'abitato sia stato distrutto nel VI secolo d. C. durante la guerra greco-gotica. Passa molto tempo e Prato si riaffaccia alla storia nel X secolo, quando risulta organizzato in due distinti nuclei: il castello dei conti Alberti e il Borgo al Cormo, sviluppatosi intorno alla pieve di Santo Stefano. Nella seconda metà dell'XI secolo, per il notevole afflusso di immigrati dalle campagne vicine, l'abitato si è esteso costituendo ormai un corpo unico, è cinto di mura e gli Alberti sono definiti conti di Prato per investitura imperiale; la potenza di questa schiatta è tale che Matilde di Toscana e i suoi alleati secondo le fonti cronistiche assediano e radono al suolo Prato nel 1107. Probabilmente distruggono le mura, ma il centro abitato sopravvive giacché nel 1142 abbiamo la prima menzione dei consoli del comune, organismo che sorge in funzione antagonistica nei confronti delle autorità del luogo, gli Alberti (i quali finiranno col cedere i loro diritti comitali all'imperatore nella seconda metà del XII secolo) e il vescovo di Pistoia; intanto, tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII viene edificata una nuova cerchia di mura con un perimetro di circa 1700 metri.

Dopo una fase nella quale si alternano ai consoli alla guida del comune podestà locali e forestieri, dal 1224 l'istituzione podestarile è stabile e Prato conosce in questi anni accanite lotte di fazione tra guelfi e ghibellini. Filo-sveva nel quarto e nel quinto decennio del Duecento - quando Federico d'Antiochia, figlio di Federico II e suo vicario in Toscana, fa edificare il castello detto «dell'imperatore» -, dal 1252 è retta da un primo governo di popolo, dal 1260 al 1267 da un governo ghibellino, poi da un regime guelfo; nel 1285 si instaura il nuovo regime degli otto difensori, con governi composti solo da popolani che nel settembre 1292 promulgano una raccolta di disposizioni (gli Ordinamenti Sacrati) tendenti a discriminare i magnati, cioè gli esponenti del tradizionale patriziato cittadino. Alle soglie del Trecento, Prato può vantarsi di essere riuscito nel volgere di un secolo e mezzo a conquistarsi ex novo notevoli spazi di autonomia rispetto alle sovrastanti vicine Pistoia e Firenze (dalla scia di quest'ultima comunque raramente si è distaccato quanto a scelte politiche), dispone di un piccolo distretto, possiede un numero di abitanti superiore a quelle delle «antiche» Pistoia e Arezzo, ha una classe dirigente costituita da una larga e agguerrita rappresentanza dei ceti produttivi e in questo periodo realizza alcune delle sue più significative opere architettoniche, dai palazzi del potere laico alle chiese di San Francesco e San Domenico, alle piazze della Pieve e del Mercatale. Ora però Firenze pare non accontentarsi più di avere Prato come alleato e tende all'annessione, costringendolo a lunghi periodi di protettorato, per affrancarsi dai quali i governanti pratesi prima offrono la signoria a Roberto d'Angiò (dal 1313 al 1319) e poi - quando i guelfi toscani sono impegnati in un decisivo scontro con Castruccio Castracani signore di Lucca e di Pistoia - dal 1327 danno al principe angioino Carlo la signoria perpetua, estesa anche ai suoi discendenti. La morte prematura di Carlo (1328) e la lontananza e lo scarso interesse dei di lui eredi fanno sì che si tratti in realtà di un mediocre rimedio, che non libera Prato dalla minaccia fiorentina.

Nel 1343 una famiglia magnatizia pratese, i Guazzalotti, conquista di fatto il potere, con l'indispensabile consenso dei fiorentini; nel luglio 1350, però, Firenze occupa militarmente Prato, caccia i Guazzalotti e, per salvare la forma e i buoni rapporti con gli angioini, acquista nel 1351 la terra pratese elargendo 17.500 fiorini alla regina Giovanna di Napoli. Da allora, pur conservando una certa autonomia amministrativa, Prato segue le sorti del capoluogo toscano, senza rilevanti moti di insofferenza (se si eccettuano i tentativi di riconquista di Iacopo Guazzalotti dal 1351 al 1353, e una rivolta antimedicea nel 1470), ma certo condannata ormai a una condizione di subalternità che diverrà pesante soprattutto a partire dalla fine del xv secolo. Nel 1384 è compiuto il lungo lavoro dell'ultima cerchia muraria (4500 metri di perimetro), che ingloba larghissimi spazi verdi giacché anche Prato ha subito in questi decenni un radicale ridimensionamento demografico.

Nel 1512 subisce un saccheggio di inaudita ferocia delle truppe spagnole venute per restaurare la spodestata signoria medicea. Nel 1653, riuscendo a ottenere solo in parte un obiettivo ambito da secoli, Prato è designata diocesi in unione (e a parità di grado) con Pistoia, anche se il vescovo continuerà a risiedere pressoché sempre nell'altra sede: ciò consente comunque al granduca Ferdinando II di concederle il titolo di città. Se nel XVI e nel XVII secolo Prato vive torpidamente, già nel Settecento cominciano a delinearsi i presupposti della moderna città, con la crescita economica, culturale e politica della nuova classe borghese, protagonista dello sviluppo ottocentesco. Di questi fermenti sono a loro modo prova anche l'acceso dibattito che divise la città e innescò i moti del maggio 1787 contro le riforme ecclesiastiche volute dal vescovo Scipione dei Ricci e le crescenti fortune del collegio Cicognini, avviato ad essere una delle più prestigiose scuole italiane. Il XIX secolo si apre dunque con favorevoli prospettive, sulle quali scarsa è tutto sommato l'incidenza degli eventi politici, sia durante il periodo del governo francese, sia nella successiva fase della restaurazione lorenese, alla quale va comunque ascritto il merito di aver incentivato le manifatture e i traffici. Ciò nonostante Prato partecipa attivamente al movimento per l'unità italiana, con una nutrita schiera di patrioti, tra i quali come capifila si segnalano Piero Cironi e Giuseppe Mazzoni, uno dei triumviri nel governo provvisorio toscano del 1848. Dopo l'unità si alternano alla guida del comune amministrazioni moderate ad altre radical-democratiche, tenendo accesa una dialettica politica locale abbastanza vivace, acuita poi dal fatto che essendo Prato in pieno sviluppo industriale e caratterizzato dalla presenza di una sempre più estesa classe operaia, fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento si svolgono i primi grandi scioperi dei lavoratori tessili; nel 1919, alle prime elezioni a suffragio universale il Partito socialista ebbe il 63% dei voti e il Partito popolare il 22%. Ciò non impedì peraltro pochi anni dopo una celere fascistizzazione della città, ma rimasero anche nuclei di oppositori al regime che seppero poi fornire un valido contributo alla lotta clandestina e alla Liberazione, che avvenne il 5 settembre 1944 per l'intervento prima delle formazioni partigiane che delle truppe alleate.

Nel dopoguerra, dal 1948 caratterizzato da un'ininterrotta serie di amministrazioni comunali di sinistra, superata in breve tempo la fase della ricostruzione per i danni bellici che avevano fortemente danneggiato edifici e macchinari, la fisionomia socio-economica di Prato si è ulteriormente accentuata, e in conseguenza delle fortune industriali (che pure hanno alternato periodi di grande espansione a fasi di congiuntura negativa) si è dilatato il numero degli abitanti tramite flussi migratori dai paesi vicini e soprattutto dal meridione; mentre la città si allargava con la costruzione di numerosi quartieri periferici, si compivano nel contempo nel centro cittadino una serie di interventi di restauro, di riqualificazione e di arredo urbano. E forse anche motivata dalla voglia di smentire nei fatti l'immagine di una città dedita solo al lavoro materiale e al guadagno, Prato si è segnalata nell'ultimo trentennio per una serie di iniziative e manifestazioni che l'hanno qualificata anche come centro culturale di livello internazionale.

Tra gli uomini illustri nati a Prato si ricordano il cardinale Niccolò Albertini da Prato, autorevole politico del suo tempo ma inascoltato paciere in patria (m. 1321); Ugo Panziera, teologo e missionario francescano (m. 1322); Paolo dell'Abbaco, matematico (1281 ca.-1365 ca.); Convenevole da Prato, grammatico, maestro del Petrarca (sec. XIV); lacopo di Zarino Guazzalotti, cavaliere (sec. XIV); il mercante per antonomasia Francesco di Marco Datini (1335 ca.-1410) e il suo amico notaio ser Lapo Mazzei (m. 1412); il letterato e architetto Giovanni Gherardi (1367-1444); il pittore Filippino Lippi (1457-1504); Cesare Guasti, archivista e storico (1822-1888); il drammaturgo Sem Benelli (1877-1949); lo scrittore Curzio Malaparte (1898-1957).

Di facile raggiungibilità grazie alla autostrada A11 "Firenze-Mare" che ci conduce fino in Versilia realizzata negli anni trenta dello scorso secolo, ha avuto in periodi alterni grande rilevanza nella produzione tessile, non solo a livello nazionale, ma anche europeo. Dal punto di vista logistico è anche favorevolmente posizionata sulla tratta ferroviaria Firenze-Bologna. Situata al centro fra Firenze e Pistoia, con queste costituisce, senza soluzione di continuità quella che, solo virtualmente, è stata individuata come "area metropolitana" di Firenze-Prato-Pistoia.

Sempre contesa fra Pistoia e Firenze, Prato perse l'indipendenza nella metà del XIV secolo ad opera di Firenze ed a seguito di ciò decaddero anche le sue attività e la sua economia di cui uno dei più noti personaggi fu Francesco Datini , mercante e banchiere, inventore della cambiale.
Anche se il diffuso sentire popolare individua in Prato più un centro economico che un centro urbano, ci sono senza dubbio numerosi siti di interesse architettonico e culturale.

Da vedere:
Castello dell’Imperatore, grandiosa costruzione eseguita per volere di Federico il Grande nel 1250 circa. Rimasto interrotto, fu successivamente collegato alle mura trecentesche. Nel Settecento subì alcune modificazioni. Ha all’interno un grande cortile utilizzato per diverse manifestazioni.
Piazza del Comune, fulcro della città, ha una particolare forma a L. Nel 1896 vi fu posta la statua di Francesco di Marco Datini. Vi si affacciano i più importanti edifici:
Palazzo Comunale, costruzione duecentesca, fu radicalmente rifatto nel Settecento. Dell’originaria costruzione conserva alcuni resti. Nell’atrio conserva l’originale fontana del Bacchino di Ferdinando Tacca. All’interno del palazzo sono conservati preziosi dipinti.
Palazzo Pretorio, posto di fronte al palazzo Comunale, fu costruito in due fasi. La più antica conserva la struttura di casa-torre duecentesca, mentre l’altra parte fu costruita nel 1300. Dal 1912 ospita il Museo Civico, importante raccolta di opere d’arte di varie epoche.
Palazzo Datini, acquistato a fine Trecento, come abitazione. dal famoso banchiere Francesco Datini. Aveva la facciata finemente affrescata, ma adesso ne rimangono solo pochi frammenti. L’elegante interno ospita il prezioso Archivio Datini, con la corrispondenza privata e mercantile (dal 1382 al 1410)del banchiere ed un vasto campionario di stoffe dell-epoca.
Centro per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci”, importante raccolta di arte contemporanea donata al Comune di Prato da Enrico Pecci. Il Centro comprende anche il Museo d’Arte Contemporanea.
Palazzo degli Alberti, eretto nel quattrocento su precedenti strutture, è adesso sede di una banca. Vi è allestita una collezione d’arte visitabile su appuntamento.
Palazzo della Biblioteca Roncioniana, edificato nel 1700 per ospitare la vasta raccolta di Marco Concioni, conta ora 75 mila volumi e diversi preziosi manoscritti e codici.
Piazza del Duomo, di origine Trecentesca, nel 1800 vi furono posti la fontana e il monumento a Giuseppe Mazzoni. Oltre al Duomo, vi si affacciano i settecenteschi Palazzo Dragoni e Palazzo Verri.
Duomo, fondato prima del Mille ed eretto dal 1211, ha la facciata ed il fianco destro a strisce di marmo bianco e verde, dove spicca il pergamo del Sacro Cingolo di Donatello e Michelozzo del 1400; su fianco destro si leva l’elegante campanile duecentesco. L’interno del duomo è a tre navate divise in colonne di marmo verde; la cappella più importante è quella che custodisce il Sacro Cingolo (reliquia della Sacra Cintola donata a S. Tommaso dalla Vergine Assunta), finemente affrescata da Agnolo Gaddi; mentre la Cappella Maggiore mostra affreschi di Filippo Lippi. Pregevoli arredi e altre opere d’arte abbelliscono l’interno della Cattedrale.
Museo dell’Opera del Duomo, alloggiato nel Palazzo Vescovile, conserva preziose opere d’arte di grandi artisti, quali Donatello, Paolo Uccello, Filippo Lippi ed altri.
Santa Maria delle Carceri, chiesa progettata nel 1485 da Giuliano da Sangallo, è un mirabile esempio di architettura rinascimentale; conserva preziose terracotte di Andrea della Robbia. Deve il nome al luogo, che in precedenza ospitava le carceri.
San Francesco, situata sulla omonima piazza, di origini duecentesche, presenta in facciata delle decorazioni in marmo bianco e verde, con portale di richiamo gotico. L'interno ad una navata e tre cappelle ogivali sul fondo è stato fortemente impoverito da un opera di restauro dei primi del '900.
S. Domenico, è un imponente edificio di stile gotico, caratterizzata sul lato sinistro da altissime bifore ed un portale marmoreo; è dominata da un campanile del '300. L'interno è stato rimaneggiato in forme barocche nella metà del '600. La sala capitolare è completamente affrescata.

Parte storica riprodotta su autorizzazione della Regione Toscana - Dipartimento della Presidenza E Affari Legislativi e Giuridici
Fotografia di Sandro Santioli

 
 
 
   
 
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